La granita siciliana

Sarà per il caldo o per il desiderio di ritornare a visitare la meravigliosa Sicilia, gioendo delle sue bellezze e prodotti della terra, che sorge immediata questa curiosità sull’origine della famosa granita siciliana.

Come per tante salienti lavorazioni culinarie
(pasta, pizza, gelato), anche per la granita si discute, a volte, riguardo la sua provenienza. Leggendo al riguardo, la tesi di un
“matrimonio storico arabo-siciliano” viene ampliamente avvalorato: c’era stato un intendo scambio culturale tra arabi e siciliani all’epoca della dominazione araba sull’isola.

Durante quel periodo storico si aggiungeva al ghiaccio o alla neve, un mix di zucchero, petali di fiori e frutta, in arabo lo “sherbet”.
Questa pratica si unì facilmente alla tradizione della raccolta della neve dall’Etna, dei monti Peloritani e dei Nebrodi, che veniva conservata nelle grotte vulcaniche (le neviere) fino all’estate.

Un procedimento diffuso fino al primo Novecento con il nome di “rattata” (cioè grattata).
Ma è a metà del Cinquecento che la ricetta dello “sherbet” viene migliorata: si crea la granita siciliana vera e propria, quella morbida e cremosa… una vera coccola per il palato.


Il risultato così gustoso nella sua leggera consistenza si otteneva attraverso la mantecazione continua della granita all’interno di un pozzetto; il sapore più scelto era il limone, poi arrivarono anche la mandorla (con una minima percentuale di mandorla amara, decisiva per l’intenso aroma), il pistacchio (originario di Bronte), i gelsi neri, il caffè e tanti altri, in una sperimentazione costante che continua anche oggi.

Durante le calde mattine estive viene consumata volentieri anche a colazione, con un immancabile brioche, con tanto di ‘tuppu’.
Un rituale che affonda le radici nella tradizione!

Rachele Bernardo

Un commento Aggiungi il tuo

  1. Avatar di Michael Sammut Michael Sammut ha detto:

    Una favola. Che godimento.

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